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Articoli e Posts del blog di InAmbienTe – Il portale degli studenti di ingegneria.

Impazza la monnezza in tv, politici, giornalisti e cittadini non fanno altro che parlare.

Oramai non si fa a tempo a cambiare canale che in tv si vede un bel cumulo di spazzatura di Napoli. Non so quante trasmissioni sono state fatte da quando la violenza di Pianura ha acceso i riflettori su questa decennale tragedia, ma quello che so è che se ne parla troppo e forse con molta ipocrisia. Quanto mi stanca e quanto non sopporto vedere certa gente (politici, giornalisti e cittadini) mentre parlano e polemizzano su questo tema che forse sta cominciando a stancare. Sembra di assistere ad uno spettacolo, dove decine di maghi sanno tirare dal cilindro la soluzione definitiva, uno spettacolo che dura da quattordici anni, però e dove, alla fine, sono proprio i maghi a fare la figura dei conigli.

C’è di tutto in tv: il politico di Forza Italia che si rallegra affermando che le promesse di Prodi sull’apertura delle scuole non sono state manutenute, l’ex ministro inquisto che si arrabbia affermando che l’attuale ministro della sanità ho dimenticato Pianura, senza parlare di quanto alza la voce quando si pone l’accento su Rastrelli ed il suo fallimentare piano. L’unica che può essere tollerata è la rispettabilissima cittadina, malata di tumore, anche se troppo veemente nei confronti di un autorevole esponente dell’istituto superiore della sanità che sta cercando di trovare ragioni alle nostre preoccupazioni. Insomma, sembra proprio uno di quei teatrini di pulcinella.

Ma quanto ci vuole a dire: “abbiamo sbagliamo, abbiamo fallito ma vogliamo recuperare tutti insieme”. Invece sappiamo sempre ricordare la nostra storia, noi Guelfi e Ghibellini. L’ho detto e lo ripeterò sempre, per risolvere la questione dei rifiuti in Campania, bisogna solo volerlo. Buttarsi alle spalle le colpe e le imputazioni di colpa ed agire. Semplicemente agire. 

Quante parole, quanti trucchi e quanta munnezza che esce dalla bocca di queste persone. Alla fine ci toccherà trovare spazio anche per questa immondizia. Intanto a Pianura sperano nel miracolo di De Gennaro.

Arriva l'auto ad aria, 100 km con meno di un euro. Rivoluzionaria invenzione di un ex progettista di F1.

Con il petrolio a 100 dollari al barile, se si trovasse una macchina che andasse ad aria quanto costerebbe respirare? La mia preoccupazione è fondata visto che Guy Negre, ex ingegnere di formula uno, ne ha appunto invetata una. La società francese MDI ha appena affermato che per il prossimo anno ci sarà la presentazione di questa rivoluzionaria automobile, anche se già nel 2002, al salone di Parigi, fu presentato un primo prototipo. Durante la sua esperienza in formula uno, Negre è diventato esperto di dinamica isotermica, un processo che crea energia espandendo l’aria ad una temperatura quasi costante. Negre ha teorizzato che riscaldando ed espandendo aria compressa super raffreddata, fosse possibile alimentare un’automobile non inquinante.

Negre ha spiegato che nei serbatoi della Briblo, così è stata battezzata l’aumobile, l’aria viene raffreddata a -100 ºC e compressa a 4500 libbre per pollice quadrato. Poi viene iniettata in piccole camere situate fra il serbatoio e i pistoni, dove viene riscaldata dall’aria dell’ambiente esterno che la obbliga ad espandersi in una camera pù larga situata fra la camera piccola e il pistone. Lo scambio di calore fra le due camere, prosegue l’inventore, crea la propulsione che provoca il movimento in su e in gù dei quattro pistoni del motore. Infine l’aria viene fatta passare attraverso filtri di carbone come quelli dei serbatoi per le immersioni subacquee ed espulsa sotto forma di gas di scarico non inquinante. La dinamica non è diversa da quella di una molla che attira l’energia quando è compressa e la restituisce quando si espande.

In pratica, Briblo, non fa altro che prendere l’aria dall’ambiente, sfruttarla per muoversi, ed espellerla pù pulita perché filtrata dal carbone attivo. Un’auto ad emissioni zero, quindi. Per fare rifornimento, basta una presa elettrica per comprimere l’aria oppure si può attingere da stazioni ad aria compressa che la MDI prevede di installare nelle stazioni di servizio. Briblo dovrebbe costare intono ai 15mila dollari, tutto sommato un prezzo modesto visto che è a cinque posti è raggiunge le 55miglia all’ora in sette secondi.

Briblo l'auto ad aria comressa.Ovviamente, ci sono molti interessi in ballo, soprattutto quelli dei produttori di petrolio. Basti pensare che, proprio alla presentazione dell 2002 a Parigi, ci furono strani atteggiamente da parte dei giurnalisti, che prima fissarono interviste per poi disdire senza ragione. La produzione non è solo a carico di MDI, ma c’è la possibilità di acquistare licenze libere. L’italia ha acquistato 10 licenza per 10 officine. Ogni officina, che a sua volta sarà anche autosalone, produrà 2000 macchine l’anno e ci lavoreranno 70 persone.

L’unica obbiezione che ci va di sollevare, almeno per ora, è che per comprimere l’aria c’è bisogno di energia, ma basterebbe utilizzare sistemi rinnovabili (come il sole o il vento) per ridurre notevolmente l’impatto.

Sempre più spesso si parla di nucleare in Italia, ma non c'era un referendum che l'aveva abolito?

Centrale nucleare di Caorso.Leggo su ilgiornale.it una notizia che riguarda il riassetto di Edison, dove con una serie di strani giri di potere si sta portando, ai vertici del gruppo, un pool di persone che sarebbero molto vicine al nucleare e che vorrebbero sviluppare tale tecnologia anche in Italia. La persona che maggiormente sta puntondo sul nucleare è il numero uno di A2A (nata dalla fusione di Aem di Milano e Asm di Brescia) e presidente di Edision Giuliano Zuccoli, il quale ha programmato un viaggio in Finlandia dove è in costruzione una centrale nucleare definita di nuova concezione, in grado di produrre una quantità molto limitata di scorie.

La cosa che mi lascia perplesso è il totale disinteressamento del risultato di un famoso referendum che ha categoricamente vietato l’uso del nucleare nel nostro territorio. Sinceramente, queste persone sembrano agire in totale autonomia, come se nessuno avesse interesse ad informarle della non volontà, da parte dei cittadini italiani, ad avere un mostro radioattivo nella propria città.

Senza contare che proprio in Finlandia, tappa di un prossimo viaggio di Zuccoli, è in costruzione una centrale nucleare che sta dando non pochi problemi, per motivi di sicurezza non sarà aperta per la data prevista, cioè il 2009, ma l’apertura è stata posticipata per il 2011. Le promesse di riduzione dei costi energetici per i finlandesi si sono rivelate false visto che il costo della centrale è lievitato da due a tre miliardi di euro. Insomma, una vera beffa per la popolazione.

In conclusione, vi consiglio alcune interessanti letture sull’argomento sicurezza e sull’argomento salute:

Serve più biocarburante? Perfetto, abbattiamo le foreste!

Sinceramente, non ho mai avuto molta considerazione del bio-carburante, sia per gli inevitabili effetti speculativi che sempre accompagnano le distribuzioni di massa, sia perché alla fine si finisce per inquinare lo stesso. A conferma di queste impressioni, su science è stato pubblicato un interessante articolo di Jörn P. W. Scharlemann and William F. Laurance dal titolo “How Green Are Biofuels?”.

Foresta amazzonicaIn pratica, anche se dalla combustione dei bio-combustibili si produce un quantitativo minore di gas serra rispetto al petrolio, quello che si spende, in termini di inquinamento e di impronta ecologica, e cinque volte maggiore. Fino a quando il petrolio era (pù o meno) a buon mercato, i bio-carburanti non erano molto convenienti e, quindi, erano poco diffusi. Ora che il costo di un barile dell’oro nero ha sfondato i 100 dollari, il carburante prodotto dai vegetali è diventato competitivo al punto di giustificare (dal punto di vista strettamente economico) la deforestazione per consentirne una sufficiente produzione. Circa 13 milioni di ettari di foresta viene sostituita, ogni anno, da piantagioni per la produzione di bio-carburanti. Tra i meno verdi c’è il diesel ottenuto dalla soia in Brasile e l’etanolo statunitense, il pù cattivo in assoluto è il diesel di sorgo prodotto nell’Unione Europea, che ha un impatto cinque volte maggiore della benzina.

Un altro aspetto preoccupante, figlio dei finanziamenti verso le produzioni di grano del governo Usa, riguarda gli agricoltori che non producono pù soia e si dedicano al grano. Questo alza il prezzo della soia, il che si traduce in una sempre maggiore quantità di piantagioni di questa pianta in Brasile, a discapito della foresta Amazzonica.

Insomma, non tutto quello che è verde fa bene alla natura.

RIFIUTI: tritarifiuti e dissipatori alimentari, sono una possibile soluzione o semplicemente spostano il problema?

Chi di noi non ha visto qualche puntata dei telefilm americani, credo i migliori prodotti televisivi del mondo. Io ne ho visti abbastanza e spesso sentivo parlare del tritarifiuti, elettrodomestico tra i pù utilizzati in America. Sinceramente non ho mai sentito l’esigenza di informarmi su cosa sia e come funziona, ma dopo le numerose discussioni sui possibili sistemi di riduzione del volume di rifiuto prodotto, mi è ritornato alla mente.

TritarifiutiIl Tritarifiuti, detto anche dissipatore alimentare, è stato inventato nel 1927 dall’architetto americano John Hammes e viene montato sotto i lavelli domestici immediatamente a monte del sifone. È composto da una camera di triturazione, da un motore elettrico e da un piatto girevole, che impone una rotazione spingendo i rifiuti umidi, per forza centrifuga, contro la parete e di un anello fisso triturante e dentato che sminuzza i rifiuti alimentari in particelle molto piccole; queste particelle vengono quindi spinte dal flusso dell’acqua nella colonna di scarico del lavandino e successivamente nella rete fognaria.

Utilizzato con regolarità permette di sminuzzare tutti gli avanzi di cibo che, altrimenti, finirebbero nel sacchetto dei rifiuti. Basti pensare che è proprio questa frazione organica a dare i maggiori problemi in tutto il ciclo dei rifiuti. Infatti, gli avanzi di cibo come scarti di verdure e frutta, teste e lische di pesci, gusci d’uovo e noci, piccole ossa, pasta, fondi di caffé, ecc., sono tra i principali responsabili della produzione di percolato e di biogas, quindi della decomposizione e dei miasmi.

Per fare un esempio pratico, si può considerare che su 1,5 kg di rifiuto che ognuno di noi produce ogni giorno, circa il 30%, cioè 0,45 kg, è composto da sostanza organica prevalentemente di origine alimentare, l’utilizzo del trituratore comporterebbe una drastica riduzione di questa componente (se non la completa riduzione), quindi porterebbe la produzione procapite di rifiuto al valore di circa 1 kg al giorno. Se a questo fenomeno, associamo una buona raccolta differenziata, in pratica si può affermare che la quasi totalità del rifiuto prodotto viene intercettato prima dell’arrivo in discarica. Una sorta di rifiuti zero, quindi. Ma fermiamoci un attimo.

La domanda che è lecito fare è: “che fine fa l’avanzo della cena che trituriamo?”. Semplice, va nell’impianto fognario e da questo all’impianto di depurazione (se tutto va bene). Ciò comporta, quindi, un notevole aumento della frazione organica nei liquami da depurare. Lasciamo da parte, per ora, gli aspetti tecnici sulle possibili anomalie che posso aversi nel ciclo di funzionamento dell’impianto di depurazione (vista l’enorme mole di organico non previsto) e supponiamo che tutto venga depurato. In pratica, il rifiuto organico che non abbiamo inserito nel ciclo dei rifiuti direttamente, lo ritroviamo all’interno dei fanghi dell’impianto di depurazione che, se gestito bene e da persone intelligenti, può essere trattato e convertito in compost, ma molto spesso questi fanghi vengo inviati in discarica. Alla fine, come si vede, il problema si ripropone a seconda del sistema di smaltimento dei fanghi.

  1. Fanghi compostati. Se facciamo mente locale, abbiamo acquistato il tritarifiuti (qualche centinaio di euro), l’abbiamo montato e smaltiamo, ogni giorno, la nostra frazione organica direttamente nel lavello. Tramite la rete fognaria viene convogliata nell’impianto di depurazione, viene depurato e addensato nel fango con il quale si andrà a produrre il famoso compost. Ovviamente, nei liquami che arrivano all’impianto saranno presenti anche altre sostanze, che andranno, inevitabilmente ad inquinare il compost.
    Osservazione. Visto che alla fine, dopo un enorme giro, la mia insalata è diventata compost (tra l’altro anche poco puro), tanto vale che lo trasformo direttamente io in compost. Non vi pare?
  2. Fanghi smaltiti in discarica. Buttiamo la nostra insalata nel lavello, viene triturata e tramite la rete fognaria inviata al depuratore che produce il fango. Di norma si fa un accordo tra discariche ed impianti di depurazione, in pratica il depuratore si prende il percolato della discarica e la discarica il fango del depuratore. La nostra insalata, quindi, è finita nella discarica.
    Osservazione. Se dopo un giro così lungo, la nostra insalata deve finire comunque in discarica, allora è preferibile metterla nel sacchetto della spazzatura. Non trovate?

Senza contare che ci sono una serie di leggi regionali che ne vietano l’utilizzo per gli accennati problemi che potrebbero generare negli impinti di depurazione. Per approfondimenti vi segnalo questo interessante articolo.

Non siamo in grado di differenziare i rifiuti? Niente paura, del Cnr arriva Thor – il sistemasi riciclaggio del rifiuto "indifferenziato".

A leggere la notizia del Cnr sembra che nulla di nuovo sia stato inventato, visto che gli impianti di selezione dei rifiuti sono ormai già vecchi, ma ciò che si produce va ben oltre dall’ormai noto Cdr. Thor (Total house waste recycling – riciclaggio completo dei rifiuti domestici), sviluppato dal Cnr e dell’azienda romana ASSING SpA (tutto italiano, quindi), non fa altro che separare i rifiuti in funzione delle caratteristiche per poi sminuzzare le parti bio-combustibili fino a portarli a dimensioni inferiori ai dieci millesimi di millimetro. Quello che si viene a produrre è una sorta di polvere combustibile molto simile alla polvere di carbone che spesso viene utilizzata nell’industria, con il vantaggio di non contenere né zolfo né idrocarburi policiclici.

Paolo Plescia, ricercatore dell’Ismn-Cnr ed inventore di Thor, sostiene che il combustibile prodotto dal sistema è “un combustibile utilizzabile con qualunque tipo di sistema termico, compresi i motori funzionanti a biodiesel, le caldaie a vapore, i sistemi di riscaldamento centralizzati e gli impianti di termovalorizzazione delle biomasse. Infatti, le caratteristiche chimiche del prodotto che viene generato dalla raffinazione meccanica dei rifiuti solidi urbani, una volta eliminate le componenti inquinanti sono del tutto analoghe a quelle delle biomasse, ma rispetto a queste sono povere in zolfo ed esenti da idrocarburi policiclici”. Oltre all’uso in forma solida, dal Thor si può produrre anche il “bio-olio” per motori diesel attraverso la “pirolisi”.

Il vantaggio di Thor, che ha una sola installazione funzionante, in Sicilia, è di essere completamente meccanico, senza nessuna componente termica. Vantaggio che si manifesta nella possibilità di accendere e spegnere l’impianto a piacimento, in pratica lo si usa solo quando serve. Inoltre, è previsto anche l’utilizzo mobile dell’impianto proprio per fronteggiare le eventuali emergenze come quelle che stiamo vivendo ora in Campania. Nell’articolo del Cnr si afferma che l’impianto riduce lo stoccaggio temporaneo dei rifiuti e non produce scorie, anche se non si spiega come possa non avere scarti se presuppone la separazione del rifiuti. Alla fine qualcosa dovrà pure andare in discarica.

Per quanto riguarda i costi e le applicazioni, nell’articolo si legge che un impianto di 4 tonnellate/h costa 2 milioni di euro ed occupa 300 mq. Può essere installato anche su camion oppure su Navi. In quest’ultimo caso, grazie ad un “pirolizzatore” il combustibile prodotto può essere trasformato in carburante liquido ed usato direttamente dalla nave. Il costo di smaltimento, per un impianto medio-piccolo da 20mila tonnellate l’anno è di circa 40 euro per tonnellata di rifiuto, contro i 250 euro della discarica. Quanto al calore, i rifiuti che contengono cascami di carta producono 2.500 chilocalorie per chilo, mentre dopo la raffinazione meccanica superano le 5.300 chilocalorie.

Volendo fare un’esempio applicativo, si può pensare ad un’area urbana di 5000 abitanti che produce curca 50 tonnellate al giorno di rifiuti. Con questi numeri, Thor può produrre circa 30 tonnellate al giorno di combustibile, 3 tonnellate di vetro, 2 tonnellate di metalli ferrosi e non ferrosi e 1 tonnellata di inerti. C’è anche una componente ricca di cloro che viene separata per evitare di inquinare il combustibile, il resto dei rifiuti è acqua, che viene espulsa sotto forma di vapore durante il processo di micronizzazione. Il prodotto che esce da Thor è sterilizzato perché le pressioni che si generano nel mulino, dalle 8000 alle 15000 atmosfere, determinano la completa distruzione delle flore batteriche, e, inoltre, non produce odori da fermentazione: resta inerte dal punto di vista biologico, ma combustibile.

Per maggiori informazioni, vi rimando all’articolo del Cnr.

Fermi tutti, il governo ha un piano. Io, nel frattempo (se mi è possibile), mi dimetto da cittadino.

Voglio iniziare queste poche righe (spero) segnalandovi un bell’articolo di Antonio Menna pubblicato oggi su InterNapoli. Prima leggetelo e poi, se ancora vi va, continuate a leggere questo.

Sono stato appena interrotto da una telefonata che mi ha informato del totale blocco della tangenziale: uscita obbligatoria a Licola. Che disastro ho pensato, si vuole evitare l’inevitabile sommando tragedia a tragedia. Anche perché non c’è nulla da fare, la discarica di Pianura si aprirà, se non venisse aperta che fine farebbe la dignità dei politici? (anzi, che fine ha fatto?).

Nell’articolo di Menna si fa riferimento alle doverose dimissioni che il governatore Bassolino, il sindaco Jervolino e il presidente della provincia Palma potrebbero dare per salvare se stessi e quello che resta dell’immagine della classe politica campana, io alle loro aggiungerei quelle di ogni singolo politico della regione (dal primo, all’ultimo!!). Senza alibi e senza scaricare le proprie responsabilità sugli altri. Menna, però, dice una cosa che in realtà dicono in molti, soprattutto nelle parti alte della nostra penisola: noi cittadini siamo colpevoli quanto lo sono i politici. Quindi, per solidarietà e per ammissione di colpa, mi dimetto da cittadino. Mi dimetto perché Menna ha ragione, come hanno ragione Feltri e Calderoli (a me per niente simpatici), senza alibi e senza mezzi termini.

Ecco le ragioni delle mie dimissioni da cittadino:

  1. Abito in Campania da trent’anni, ho studiato e mi sono laureato in Ingegneria per l’Ambiente ed il Territorio, mi ritengo un esperto in materia rifiuti e, nonostante tutto ciò, contribuisco all’emergenza perché il mio sacchetto “indifferenziato” si accumula per strada dando origine ai maleodoranti miasmi che infestano la mia casa;
  2. Ho votato per il presidente Palma;
  3. Ho votato per il governatore Bassolino.

Mentre rifletto per scrivere queste inutili considerazioni, dettate pù dalla puzza dell’immondizia che da una reale cognizione del vero che mi circonda, leggo che il governo ha trovato la soluzione. Soluzione riassumibile in pochi punti:

  1. Risolvere l’emergenza nel breve tempo facendo quello che si è fatto da quattordici anni a questa parte: tappare i buchi che non sono ancora tappati, senza nemmeno vedere cosa c’è dentro;
  2. De Gennaro commissario per 120 giorni, a quanti siamo arrivati?;
  3. Tre termovalorizzatori, non c’è due senza tre;
  4. Quattro (+1) siti per lo smaltimento, a Napoli, Salerno, Avellino e Benevento. Pù quello di Pianura, individuato dalle autorità competenti (ma competendi di che?);
  5. La raccolta differenziata, mi sa (da esperto) che il punto 5 si scontra con il punto 3, e poi sempre il punto 5 può facilmente tradursi in: entro due mesi almeno il 90% dei comuni saranno commissariati (quanti commissari??);
  6. L’esercito, nota positiva;
  7. Contribuisco anche le altre regioni, ormai i nostri rifiuti li conoscono tutti.

Insomma, secondo voi questo è un piano per uscire dall’emergenza?

Rete Idrica, il dimensionamento (2).

Dopo le premesse e le considerazioni viste nell’articolo precedente, passiamo in rassegna i materiali che saranno utilizzati per realizzare la rete idrica

  • Acciaio:
  • Ghisa;
  • PEad.

Ci sono, quindi, due materiali metallici ed uno di origine plastica. Tra i primi due, fino a poco tempo fa, era preferibile la Ghisa, anche se con le nuove tecnologie l’acciaio ormai è spesso presente nelle reti idriche cittadine.:

Ghisa. Si preferisce la ghisa all’acciaio per una serie di motivi che vedono le caratteristiche geometriche privilegiare. Infatti, la produzione di tubazioni in ghisa prevede la realizzazione di canne corte, ciò ne facilità notevolmente la posa in opera in città. Scegliere un materiale come la ghisa potrebbe essere uno svantaggio dal punto di vista della resistenza alle pressioni, ma nella rete idrica c’è, in media, un carico statico che va dai 70m ai 90m e mai si va oltre le 12 – 13 atm, carico che questo tipo di tubazioni sopporta tranquillamente.

Oltre alla lunghezza della canna, altra caratteristica geometrica a favore della ghisa è il rapporto Diametro/Spessore. Infatti, a parità di diametro, le condotte in ghisa hanno uno spessore maggiore, ciò è molto importante visto il fenomeno della corrosione molto vivo nei centri abitati (ci si mette pù tempo per bucare la condotta).

PEad. Questo tipo di condotte, utilizzate per la rete di espansione di Palermo, hanno notevoli vantaggi, tra i quali ci sono la leggerezza e l’insensibilità ai fenomeni corrosivi. Oltre ai vantaggi, il PEad ha anche degli svantaggi, in particolate è un materiale abbastanza giovane del quale non si conosce la consistenza nel tempo, inoltre è facilmente deformabile in fase di posa in opera. Ciò rende tali tubazioni difficili da gestire, difatti anche se si opera con una posa perfetta, i numerosi scavi che di solito si fanno nei centri abitati possono compromettere la stabilità delle tubazioni. Infine ho anche un problema connesso alle numerose derivazioni che si andranno ad installare sulla condotta, con la ghisa ho una procedura affidabile e semplice, con i materiali in plastica ci sono non poche difficoltà.

Dall’università olandese di Twente un nuovo materiale che riduce l'uso dei detergenti chimici: la plastica che non si sporca.

Dopo tanto parlare di immondizia e di emergenza rifiuti credo sia opportuno rilassare la mente e parlare di qualcosa di pù leggero ed interessante. Dall’Olanda arriva una notizia abbastanza curiosa, un gruppo di ricercatori della Twente ha creato un materiale plastico che si pulisce rapidamente e che potrebbe essere un utile mezzo alla riduzione dei detergenti.

In pratica, i ricercatori olandesi, sono riusciti a riprodurre l’effetto che la natura produce normalmente sulle foglie del loto, che hanno una superficie ultraidrofobica, in pratica una superficie che non viene bagnata dall’acqua. Quindi, se a contatto con la polvere, la foglia non si sporca perché i granelli vengono presi in carico dalle gocce d’acqua e rotolano via, senza aderire e quindi, senza macchiare.

Il materiale auto pulente all'opera.

in questa figura, a sinistra si ha una goccia posata sulla plastica auto-pulente (come si vede è semplicemente poggiata), a destra una plastica comune (la goccia è schiacciata sulla superficie del materiale e quindi aderisce pù a fondo).

Non è bastato creare l’effetto idrofobico, ma è servito anche produrre, sulla superficie plastica, una speciale microstruttura, che i ricercatori sono riusciti ad imitare bersagliando una il polipropilene con un laser oscillante con periodi nel campo dei femtosecondi. Lo scopo era di creare dei coni di 10 μm su cui scolpire un ulteriore schema submicrometrico.

Questo materiale innovativo potrebbe ridurre l’uso dei detergenti, altamente inquinanti, per il solo fatto che non si sporca. Inoltre, si sa’, quando si pulisce qualcosa si è costretti a strofinare spesso energicamente, danneggiando e riducendo il tempo di utilizzo dell’oggetto che presto entrerà a far parte dell’odiato mondo dei rifiuti. Con l’utilizzo della plastica auto-pulente, non si ha pù l’effetto abrasivo della pulizia e l’oggetto durerà pù a lungo, una bella cosa sia per le nostre tasche che per l’ambiente.

Il no del professor Ortolani: nessuno dei siti indivuduati dal commissario sono idonei a contenere rifiuti.

Stamattina, chi ha acquistato il manifesto, ha avuto la possibilità di leggere una interessante intervista del professor Franco Ortolani, ordinario di geologia e direttore del dipartimento di pianificazione del territorio della Federico II di Napoli dove insegna anche valutazione di impatto ambientale. Di seguito riportiamo le risposte del professore alle domande di Francesca Pilla.

Professore, nei luoghi che ha studiato è impossibile aprire le discariche per motivi ambientali o sono i cittadini a essere irrazionali?
Purtroppo tutte le aree che ho avuto in esame per varimotivi sono inidonee. Padula e Mandrano per esempio si trovano su una tettonica-carsica attiva, zone che hanno creato i grandi terremoti degli ultimi 200 anni. La superficie si sposta e si spacca e fa scendere il percolato nelle falde acquifere, nel terreno, danneggiano le risorse naturali. Per non parlare dei metalli pesanti che non decadono per decine e decine di anni e hanno bisogno assolutamente di stabilità geologica, non di essere soggetti a fenomeni carsici (inghiottitoi).

E le altre?
Sono quasi tutte cave scavate a fossa che accumulano i materiali pesanti per poi col tempo lasciarli filtrare nel terreno. Le impermeabilizzazioni non servono, possono resistere al massimo per 15 anni. È il caso di Taverna del Re a Giugliano, del sito di Villaricca appena chiuso, di Poggioreale, di Lo Uttaro.

Invece Pignataro Maggiore e Carniola?
È una follia, sono aree che si trovano in un bassopiano fertilissimo dove ogni ettaro arriva a costare dai 10 ai 30mila euro. Qui si allevano le bufale che producono la mozzarella esportata in tutto il mondo, i frutteti e le coltivazioni doc. Sono stato personalmente incaricato dai comuni del casertano per esprimere il mio parere, quando dal commissariato hanno capito che il gruppo di esperti era contrario hanno ridimensionato lo studio. Un atto gravissimo e per questo le amministrazioni hanno presentato anche una denuncia penale.

Allora l’unica soluzione attualmente resta Pianura?
Nemmeno per sogno. Proprio nel piano di Alessandro Pansa si escludono tutte le zone con un vulcanismo attivo. Contrada dei Pisani si trova nei Campi Flegrei, l’area del bradisismo. Il fatto che sia un pezzo di territorio già inquinato non autorizza a peggiorare la situazione. Come ho detto prima anche qui il sottosuolo è in movimento e causa la penetrazione del percolato in profondità. 

Ma ci saranno luoghi adatti in Campania?
Certo,ma non sono stati presi in considerazione. Pansa ha piazzato quattro proposte irrealizzabili dal punto di vista tecnicoscientifico.

Perché secondo lei?
Non lo so, posso avere delle idee. Credo che lamagistratura dovrà chiarire le motivazioni e gli errori politici. Dopo 14 anni di
emergenza ci sono delle responsabilità precise, qui si gioca con la salute dei cittadini. L’attuale emergenza mi sembra chiaro che è stata causata dalla mancata attuazione del decreto del 11 maggio poi trasformato in legge il 5 luglio. È rimasta in funzione a pieno ritmo solo il sito di Serre che il prossimo mese entrerà in saturazione, per il resto è stato un andare avanti a tentoni, sbagliando.

Francesca Pilla.
IL MANIFESTO 06/01/2008

Le risposte del professore, chiamato a numerose consulenze sul tema delle discariche commissariali, sono secche e precise. In Campania ci sono siti idonei ma i commissari, in 14 anni, li hanno sempre scartati, scegliendo sempre siti alternativi inidonei e dislocati in zone non adatte e ricevere rifiuti. Credo che si ritorni sempre al solito problema, non c’è la voglia di risolvere l’emergenza, perché per farlo basterebbe coinvolgere (preventivamente!!) gli esperti del settore, e nella nostra martoriata terra ce ne sono molti.

La violenza è più munnezza del sacchetto che puzza.A Pianura la protesta sporcata dalla guerriglia.

Non mi va di aggiungere la mia cronaca a quella che ormai si legge o si ascolta in televisione o sui giornali, la mia testimonianza vuole fermarsi a poche considerazioni.

Emergenza Rifiuti CampaniaLa protesta. Dalle mie parti (giuglianese) si è sversato per anni (e si sversa ancora) l’immondizia di tutta la Campania (oserei dire di tutta l’Italia, ma mi limito al poco!!). Chi ha vissuto i primi anni degli scarichi, molti anni prima dell’inizio dell’emergenza rifiuti, ricorda la compostezza con la quale la gente del posto accettava i camion maleodoranti carichi di rifiuti. Non una ma almeno sei discariche hanno sporcato e radicalmente cambiato l’orografia della zona, sono state riempite, senza logica e senza nessun criterio, le cave che cent’anni fa i nostri antenati hanno usato per estrarre pozzolana e tufo. Solo negli ultimi anni, quando ormai la pazienza del popolo giuglianese ha superato il limite-di-non-ritorno, sono comparse le prime, pacifiche, proteste. E pacifiche sono rimaste, anche quando negli ultimi giorni, esasperati dalle promesse mai mantenute dai commissari straordinari, le mamme e i figli di questa terra si sono ribellati con teatrale forza e veemenza.

Sono state organizzate feste e tammurriate davanti ai camion carichi di balle diretti a Taverna del Re, si sono uniti in cordoni per impedirne il passaggio, si sono stesi davanti alle ruote per bloccarne la corsa, ma hanno sempre limitato la protesta a pacifiche espressioni del libero pensiero. Quello che leggo ed ascolto nelle ultime ore, ha ormai distrutto questa immagine pacifica dei manifestanti. Quello che mi sconcerta, però, è che fin quando si protesta con dignità e civilità, si viene ascoltati da pochi, non ne parla nessuno né tantomeno il TG1. Quando a parlare è la violenza, invece, si viene sbattutti i prima pagina ed in primo piano su ogni giornale. È mai possibile che a farsi sentire è sempre la violenza?

Le promesse dei commissari. Proprio per risolvere la ormai annosa cattiva gestione da parte delle istituzioni fu commissariatà l’attività di raccolta dei rifiuti, come a dire: “chi dovrebbe non è in grado, allora ci pensiamo noi”, credo sia la sconfitta pù grave per un amministratore. Ma cosa hanno fatto i commissari? Hanno speso circa due miliardi di euro per fare quanto di peggio si poteva ipotizzare. Soldi del popolo italiano e del popolo europeo che ha cominciato a nutrire seri dubbi sulla nostra situazione. Soldi spesi inutilmente e promesse mai mantenute, a partire da Catenacci, che disse: “mai pù rifiuti nel giuglianese” e poi pensò di aprire una mega discarica a Villaricca e di lasciare aperta Taverna del Re, a finire a Pansa che ha promesso la chiusura del famoso sito di stoccaggio, mantenendola per soli tre giorni.

Mi fermo a ragionare e mi viene da pensare: “ma come può un commissario straordinario fare promesse?”. Quando c’è una situazione di emergenza come la nostra non si sa mai come evolve, quindi è ovvio che se si promette, prima o poi si deve spezzare la promessa fatta, non trovate? Ma chi proprio non capisco è il nostro “amato” governatore. Conosco da poco il mondo del lavoro ma ho già imparato che chi fallisce deve farsi da parte.

Il futuro. Sinceramente, da Ingegnere per l’Ambiente ed il Territorio, il futuro della mia terra lo vedo abbastanza nero, proprio come il colore dei sacchetti della spazzatura. Costruire quel termovalorizzatore ad Acerra non credo servirà a molto, sinceramente comincio a nuntrire anche qualche dubbio sul fatto che realmente verrà messo in funzione. Purtoppo il primo commissario ha fatto male i conti e le previsioni ed oggi ci ritroviamo a dover seguire un piano vecchio quanto la Befana (che tra l’alto stannotte si farà un bel giro di monnezza). Basterebbe fermarsi ed ascoltare la schiera di tecnici-intellettuali competenti e preparati (qui ve ne segnalo uno, per me il migliore. Qui il suo blog). Sono convinto che il problema si può risolvere nel migliore dei modi, basterebbe solo volerlo.

Concludo. Ho pensato di scrivere questo post perché stasera, in un attimo, ho letto, ascoltato e visto la mia terra bruciare. Leggevo l’articolo di Iacuelli, mentre su RTL102,5 Espedito Pistone parlava della violenza di Pianura e al TG1 si mostrava la polizia che sedava la violenza di quei pochi manifestanti che hanno sporcato la protesta. Tre cognizioni per una sola realtà: la violenza è pù munnezza del sacchetto che puzza.

Imprese, politici e camorra ecco i colpevoli della peste di ROBERTO SAVIANO

Imprese, politici e camorra ecco i colpevoli della peste.
Gli ultimi dati dell’Oms parlano di un aumento vertiginoso, oltre la media nazionale, dei casi di tumore a pancreas e polmoni
di ROBERTO SAVIANO

(Roberto Saviano è l’autore di Gomorra, il best-seller che racconta un viaggio nell’impero economico e nel sogno di dominio della camorra. Qui di seguito un suo articolo).
È un territorio che non esce dalla notte. E che non troverà soluzione. Quello che sta accadendo è grave, perché divengono straordinari i diritti pù semplici: avere una strada accessibile, respirare aria non marcia, vivere con speranze di vita nella media di un paese europeo. Vivere senza dovere avere l’ossessione di emigrare o di arruolarsi.

E’ una notte cupa quella che cala su queste terre, perché morire divorati dal cancro diviene qualcosa che somiglia ad un destino condiviso e inevitabile come il nascere e il morire, perché chi amministra continua a parlare di cultura e democrazia elettorale, comete pù vane delle discussioni bizantine e chi è all’opposizione sembra divorato dal terrore di non partecipare agli affari piuttosto che interessato a modificarne i meccanismi.

Si muore di una peste silenziosa che ti nasce in corpo dove vivi e ti porta a finire nei reparti oncologici di mezza Italia. Gli ultimi dati pubblicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità mostrano che la situazione campana è incredibile, parlano di un aumento vertiginoso delle patologie di cancro. Pancreas, polmoni, dotti biliari pù del 12% rispetto alla media nazionale. La rivista medica The Lancet Oncology già nel settembre 2004 parlava di un aumento del 24% dei tumori al fegato nei territori delle discariche e le donne sono le pù colpite. Val la pena ricordare che il dato nelle zone pù a rischio del nord Italia è un aumento del 14%.

Ma forse queste vicende avvengono in un altro paese. Perché chi governa e chi è all’opposizione, chi racconta e chi discute, vive in un altro paese. Perché se vivessero nello stesso paese sarebbe impensabile accorgersi di tutto questo solo quando le strade sono colme di rifiuti. Forse accadeva in un altro paese che il presidente della Commissione Affari Generali della Regione Campania fosse proprietario di un’impresa – l’Ecocampania – che raccoglieva rifiuti in ogni angolo della regione e oltre, e non avesse il certificato antimafia.

Eppure non avviene in un altro paese che i rifiuti sono un enorme business. Ci guadagnano tutti: è una risorsa per le imprese, per la politica, per i clan, una risorsa pagata maciullando i corpi e avvelenando le terre. Guadagnano le imprese di raccolta: oggi le imprese di raccolta rifiuti campane sono tra le migliori in Italia e addirittura capaci di entrare in relazione con i pù importanti gruppi di raccolta rifiuti del mondo. Le imprese di rifiuti napoletane infatti sono le uniche italiane a far parte della EMAS, francese, un Sistema di Gestione Ambientale, con lo scopo di prevenire e ridurre gli impatti ambientali legati alle attività che si esercitano sul territorio.

Se si va in Liguria o in Piemonte numerosissime attività che vengono gestite da società campane operano secondo tutti i criteri normativi e nel miglior modo possibile. A nord si pulisce, si raccoglie, si è in equilibrio con l’ambiente, a sud si sotterra, si lercia, si brucia. Guadagna la politica perché come dimostra l’inchiesta dei Pm Milita e Cantone, dell’antimafia di Napoli sui fratelli Orsi (imprenditori passati dal centrodestra al centrosinistra) in questo momento il meccanismo criminogeno attraverso cui si fondono tre poteri: politico imprenditoriale e camorristico – è il sistema dei consorzi.

Il Consorzio privato-pubblico rappresenta il sistema ideale per aggirare tutti i meccanismi di controllo. Nella pratica è servito a creare situazioni di monopolio sulla scelta di imprenditori spesso erano vicino alla camorra. Gli imprenditori hanno ritenuto che la società pubblica avesse diritto a fare la raccolta rifiuti in tutti i comuni della realtà consorziale, di diritto. Questo ha avuto come effetto pratico di avere situazioni di monopolio e di guadagno enorme che in passato non esistevano. Nel caso dell’inchiesta di Milite e Cantone accadde che il Consorzio acquistò per una cifra enorme e gonfiata (circa nove milioni di euro) attraverso fatturazioni false la società di raccolta ECO4. I privati tennero per se gli utili e scaricarono sul Consorzio le perdite. La politica ha tratto dal sistema dei consorzi 13.000 voti e 9 milioni di euro all’anno, mentre il fatturato dei clan è stato di 6 miliardi di euro in due anni.

Ma guadagnano cifre immense anche i proprietari delle discariche come dimostra il caso di Cipriano Chianese, un avvocato imprenditore di un paesino, Parete, il suo feudo. Aveva gestito per anni la Setri, società specializzata nel trasporto di rifiuti speciali dall’estero: da ogni parte d’Europa trasferiva rifiuti a Giugliano-Villaricca, trasporti irregolari senza aver mai avuto l’autorizzazione dalla Regione. Aveva però l’unica autorizzazione necessaria, quella della camorra.

Accusato dai pm antimafia Raffaele Marino, Alessandro Milita e Giuseppe Narducci di concorso esterno in associazione camorristica ed estorsione aggravata e continuata, è l’unico destinatario della misura cautelare firmata dal gip di Napoli. Al centro dell’inchiesta la gestione delle cave X e Z, discariche abusive di località Scafarea, a Giugliano, di proprietà della Resit ed acquisite dal Commissariato di governo durante l’emergenza rifiuti del 2003. Chianese – secondo le accuse – è uno di quegli imprenditori in grado di sfruttare l’emergenza e quindi riuscì con l’attività di smaltimento della sua Resit a fatturare al Commissariato straordinario un importo di oltre 35 milioni di euro, per il solo periodo compreso tra il 2001 e il 2003.

Gli impianti utilizzati da Chianese avrebbero dovuto essere chiusi e bonificati. Invece sono divenute miniere in tempo di emergenza. Grazie all’amicizia con alcuni esponenti del clan dei Casalesi, hanno raccontato i collaboratori di giustizia, Chianese aveva acquistato a prezzi stracciati terreni e fabbricati di valore, aveva ottenuto l’appoggio elettorale nelle politiche del 1994 (candidato nelle liste di Forza Italia, non fu eletto) e il nulla osta allo smaltimento dei rifiuti sul territorio del clan.

La Procura ha posto sotto sequestro preventivo i beni riconducibili all’avvocato-imprenditore di Parete: complessi turistici e discoteche a Formia e Gaeta oltre che di numerosi appartamenti tra Napoli e Caserta. L’emergenza di allora, la città colma di rifiuti, i cassonetti traboccanti, le proteste, i politici sotto elezione hanno trovato nella Resit con sede in località Tre Ponti, al confine tra Parete e Giugliano, la loro soluzione.

Sullo smaltimento dei rifiuti in Campania ci guadagnano le imprese del nord-est. Come ha dimostrato l’operazione Houdini del 2004, il costo di mercato per smaltire correttamente i rifiuti tossici imponeva prezzi che andavano dai 21 centesimi a 62 centesimi al chilo. I clan fornivano lo stesso servizio a 9 o 10 centesimi al chilo. I clan di camorra sono riusciti a garantire che 800 tonnellate di terre contaminate da idrocarburi, proprietà di un’azienda chimica, fossero trattate al prezzo di 25 centesimi al chilo, trasporto compreso. Un risparmio dell’80% sui prezzi ordinari.

Se i rifiuti illegali gestiti dai clan fossero accorpati diverrebbero una montagna di 14.600 metri con una base di tre ettari, sarebbe la pù grande montagna esistente ma sulla terra. Persino alla Moby Prince, il traghetto che prese fuoco e che nessuno voleva smaltire, i clan non hanno detto di no.

Secondo Legambiente è stata smaltita nelle discariche del casertano, sezionata e lasciata marcire in campagne e discariche. In questo paese bisognerebbe far conoscere Bùtiful cauntri (scritto alla napoletana) un documentario di Esmeralda Calabria, Andrea D’Ambrosio e Peppe Ruggiero: vedere il veleno che da ogni angolo d’Italia è stato intombati a sud massacrando pecore e bufale e facendo uscire puzza di acido dal cuore delle pesche e delle mele annurche. Ma forse è in un altro paese che si conoscono i volti di chi ha avvelenato questa terra.

E’ in un altro paese che i nomi dei responsabili si conoscono eppure ciò non basta a renderli colpevoli. E’ in un altro paese che la maggiore forza economica è il crimine organizzato eppure l’ossessione dell’informazione resta la politica che riempie il dibattito quotidiano di intenzioni polemiche, mentre i clan che distruggono e costruiscono il paese lo fanno senza che ci sia un reale contrasto da parte dell’informazione, troppo episodica, troppo distratta sui meccanismi.

Non è affatto la camorra ad aver innescato quest’emergenza. La camorra non ha piacere in creare emergenze, la camorra non ne ha bisogno, i suoi interessi e guadagni sui rifiuti come su tutto il resto li fa sempre, li fa comunque, col sole e con la pioggia, con l’emergenza e con l’apparente normalità, quando segue meglio i propri interessi e nessuno si interessa del suo territorio, quando il resto del paese gli affida i propri veleni per un costo imbattibile e crede di potersene lavare le mani e dormire sonni tranquilli.

Quando si getta qualcosa nell’immondizia, lì nel secchio sotto il lavandino in cucina, o si chiude il sacchetto nero bisogna pensare che non si trasformerà in concime, in compost, in materia fetosa che ingozzerà topi e gabbiani ma si trasformerà direttamente in azioni societarie, capitali, squadre di calcio, palazzi, flussi finanziari, imprese, voti. E dall’emergenza non si vuole e non si po’ uscire perché è uno dei momenti in cui si guadagna di pù.

L’emergenza non è mai creata direttamente dai clan, ma il problema è che la politica degli ultimi anni non è riuscita a chiudere il ciclo dei rifiuti. Le discariche si esauriscono. Si è finto di non capire che fino a quando sarebbe finito tutto in discarica non si poteva non arrivare ad una situazione di saturazione. In discarica dovrebbe andare pochissimo, invece quando tutto viene smaltito lì, la discarica si intasa.

Ciò che rende tragico tutto questo è che non sono questi i giorni ad essere compromessi, non sono le strade che oggi solo colpite delle “sacchette” di spazzatura a subire danno. Sono le nuove generazioni ad essere danneggiate. Il futuro stesso è compromesso. Chi nasce neanche potrà pù tentare di cambiare quello che chi li ha preceduti non è riuscito a fermare e a mutare. L’80 per cento delle malformazioni fetali in pù rispetto alla media nazionale avvengono in queste terre martoriate.

Varrebbe la pena ricordare la lezione di Beowulf, l’eroe epico che strappa le braccia all’Orco che appestava la Danimarca: “il nemico pù scaltro non è colui che ti porta via tutto, ma colui che lentamente ti abitua a non avere pù nulla”. Proprio così, abituarsi a non avere il diritto di vivere nella propria terra, di capire quello che sta accadendo, di decidere di se stessi. Abituarsi a non avere pù nulla.

(5 gennaio 2008)