Archivio della categoria: Blog

Articoli e Posts del blog di InAmbienTe – Il portale degli studenti di ingegneria.

Da Ingegnere e creatore di Giochi da Tavola: una storia che ci insegna a vivere del nostro ingegno.

Mentre nella nostra facoltà si è tenuto un interessantissino incontro sul futuro lavorativo dell’Ingegnerie per l’Ambiente ed il Territorio, dove alcuni ex studenti (ora impegati nel mondo del lavoro) hanno testimoniato la loro esperienza lavorativa, vi riportiamo l’analisi di un articolo apparso oggi sul sito del Corriere della Sera proprio sul tema. La storia è quella comune a molti ingegneri, che fino a qualche anno fa non avevano nessuna difficiltà a trovare una occupazione e che oggi devono aguzzare il loro ingegno per crearsi un nuovo lavoro. Continua a leggere

Energie Rinnovabili: nel 2030 8milioni di posti di lavoro e riduzione delle emissioni del 40%. Greenpeace ci mostra un mondo di nuovo verde.

Una notizia confortante giunge da un’attenta analisi fatta da Greenpeace sulle future opportunità di lavoro che si potranno avere nel settore dell’energia rinnovabile: tra 20 anni potrebbero essere 8milioni i posti di lavoro richiesti dal settore. Per noi ingegneri, e futuri ingegneri, è uno sprone in pù per fare bene e per impgnarci nella ricerca e nello sviluppo di questo ormai consolidato mondo dell’energia moderna. Attualmente, sono poco meno di 500mila i lavoratori impiegati nel settore delle rinnovabili in Europa ed il balzo agli 8milioni è davvero notevole. Continua a leggere

Plastica biodegradabile e plastica non biodegradabile: tra PLA e PET cosa è meglio scegliere?

Quate volte ci siamo trovati dinanzi a questo dilemma: ma questo bicchiere (o bottiglia, o piatto, o quello che è) è differenziabile o meno? Non sempre la risposta è affermativa e non sempre è immediata, ma da ora la domanda potrà essere formulata diversamente. Infatti, è già da qualche anno che si sente parlare di plastica biodegradabile: la PLA (plastica derivata da mais), che è ottenuto da zuccheri fermentati derivati dal mais. La PLA è compostabile al 100% e premette uno smaltimento completo e senza residui. Continua a leggere

Ingegneria Sanitaria: prima audiolezione sugli acquedotti.

Condividiamo un contributo di www.ingegneriasanitaria.it (testovideo) sul tema degli acquedotti. Si tratta di un’audiolezione (con voce narrante digitale) che espone alcuni cenni sugli acquedotti. Il video è disponibile su youtube e vuole essere un primo esperimento di lezioni audio-video sulla materia.

"Headspace Analysis": progetto di ricerca che permette di rilevare esplosivi e tossine in modo semplice ed economico.

A me piace molto scovare progetti di ricerca particolari ed interessanti ed il lavoro di ricerca di Tom Bruno del NIST (National Institute of Standards and Technology) lo è, e molto. Il chimico statunitense (almeno credo lo sia), ha inventato un dispositivo in grado di rilevare piccole concentrazioni di sostanze pericolose disperse nell’ambiente. L’apparcchiatura messa a punto da Bruno, sfrutta le caratteristiche polari delle molecole (comportamento che ha anche l’acqua) ed è pù efficiente, pù sensibile e pù economico delle tecniche convenzionali.

Il nome del progetto di ricerca è “headspace analysis” e si sviluppa sul rilevamento di trace di composti chimici che vengono rilasciate da un solido o un liquido verso l’atmosfera. Ottimo per rilevare basse concentrazioni di composti polari a bassa volatilità, quali esplosivi e tossine. La sensibilità di misurazione dell’apparecchiatura sembra essere molto elevata, infatti si arriva anche allo 0.0000002% del campione in esame. Continua a leggere

Evoluzione dell'illuminazione: dall'incandescenza della lampadina alla luce organica degli OLEDs.

Sempre in continua evoluzione, l’illuminzione vede una continua mutazione tecnologia che ha modificato l’industria della lampadina partendo da quelle ad incandescenza, finendo a quelle a basso consumo. Il confine, però, sembra essersi ulteriormente spostato verso un sistema di lampada che sfrutta un aggeggio già noto da decenni: il LED (light emitting diodes) spesso relegato a semplice lucetta segnalatrice (come la luce rossa/verde del televisore). Il LED consuma pochissimo (anche di meno) e dura pù di 20 anni. Immaginate di comprare una lampadina oggi (15/09/2009) e di cambiarla tra venti anni (il 15/09/2029), non male come cosa non trovate? Tutto ciò, però, non basta ed ecco che la frontiera tecnologia dell’illuminazione fa un altro piccolo passo in avanti, aggiungendo una vocale ai nostri amici ed arrivando agli OLEDs (organic light emitting diodes), ancora pù efficiente. Mentre i LED creano una luce simile a quella creata dalle lampade ad incandescenza, gli OLED creano una luce uniforme e che può essere installata anche su pannelli molto sottili e flessibili. Continua a leggere

Ancora cumuli di rifiuti nelle strade napoletane: dai frigoriferi ai mobili. Intervento straordinario dell'Asia per ripulire le strade di Fuorigrotta.

Sembrava che il peggio fosse passato, che con l’azione totale di pulizia messa in piedi dal governo, con il coinvolgimento, niente di meno, dell’esercito, tutto fosse solamente un ricordo: a partire dalle montagne di rifiuti che arrivavano al primo piano delle case a finire alle colonie di topi che vi sguazzavano, e invece? Invece no: ci risiamo!

Non siamo ai livelli dell’ultima disastrosa emergenza, ma qualcosa sta “emergendo” dalle strade partenopee e  a parlarcene è Tiziana Cozzi di Repubblica.it. L’elenco sembra essere quello della spesa: “rifiuti ingombranti ed erba alta tra i marciapiedi a Fuorigrotta, carcasse di moto abbandonate e elettrodomestici in strada a Chiaia, sversatoi di immondizia nell´area pedonale di via Foria, discariche a cielo aperto ai Quartieri Spagnoli, immondizia al Molo Beverello“.

Da come si legge dall’articolo della Cozzi, sembrano quattro le aree maggiormente interessate e si vede in Fuorigrotta l’epicentro della nuova emergenza (se così la vogliamo/possiamo chiamare). Walter Ganapini, assessore all’ambiente della Regione, proprio oggi ha voluto convocare un vertice per mettere a punto un piano di pulizia (chissà ce l’esercito sarà ancora dei nostri) tra le strade di: via Circumvallazione, via Cattolica, via Cerlone, via Cavalleggeri e via De Ruggiero ad Agnano. Peccato, però, che il solerte assessore (del quale spesso abbiamo cantato le lodi ma che ultimamente ci sta deludendo un pochino) non abbia pensato per tempo ad evitare l’ennesimo schiaffo alla nostra terra.

Per consentire l’intervento di pulizia straordinaria, ebbene si, da noi tutto viene (e deve essere) fatto con interventi straordinari (che devono costare un po’ di pù degli ordinari), il comune ha provveduto a definire un dispositivo del traffico straordinario, e ci risiamo. Sosta vietata nelle zone di Viale Augusto e le arterie circostanti (via Marino, via Consalvo, via Zanfagna, via Campegna, via Cavalleggeri) dalle 22 alle 7 di domani mercoledì, il tutto concordato dall’assessore comunale alla Nettezza Urbana Paolo Giacomelli, dalla municipalità e dall’Asia.

La nuova emergenza nasce dal mancato intervento dell’azienda che deve provvedere allo spazzamento delle strade ed alla raccolta ordinaria dei rifiuti, intervento che manca già da prima dell’estate, come denuncia Peppe Balzamo, presidente della Municipalità Fuorigrotta-Bagnoli. In strada c’è di tutto, dai frigoriferi, ai mobili con grave (gravissima) colpa dei cittadini, che semp0re di pù confondono le strade con isole ecologiche. «Dopo i nostri reclami, l’ispettore dell’Asia – dice Balzamo – ci ha detto di aver avuto problemi per i turni di ferie in estate. E anche ora c’è carenza di personale».

Insomma, tre mesi di negligenza del comune, un po’ di personale che ha il sacrisanto diritto di andare in ferie, la cittadinanza che se ne frega del comune vivere lasciando per strada di tutto e di pù e ora si deve intervenire in maniera straordinaria, con la speranza che le notti insonni che i vigili urbani saranno costretti a subire siano utili alla risoluzione del problema. Non c’è solo il problema dei rifiuti, infatti si denuncia anche la totale assenza di manutenzione dei marciapiedi, sui quali cresce ogni tipo di erba infestante. «Dico ai cittadini di Fuorigrotta – conclude Balzamo – rispettate le regole e chiamate i servizi dell’Asia invece di abbandonare gli ingombranti per strada».

La situazione è problematica anche in centro. A via Lomonaco, a Chiaia, sono in strada televisori, aspirapolvere, condizionatori vecchi, tra vico Belledonne e via Poerio, carcasse di moto abbandonate. A via Foria, all´altezza della caserma Garibaldi, ci sono altro sversatoi. Discariche in strada a vico lungo san Matteo e a via vico del Formale, ai Quartieri Spagnoli. «Ci sono dei punti dove si concentrano i sacchetti – dice Tommaso Stavola, capogruppo Pd II Municipalità – C´è difficoltà nel distribuire i contenitori, ogni condominio dovrebbe avere il proprio, ci attiveremo in questo senso».

Usare un albero come un pannello solare? Al MIT ci sono riusciti!

Proprio la settimana scorsa abbiamo segnalato un valido progetto di ricerca del MIT (Massachusetts Institute of Technology) e ora ci ritroviamo a proporre un altro validissimo progetto di ricerca, sempre dell’istituto di Massachusetts e sempre sull’uso razionale delle risorse naturali. I ricercatori del MIT, stavolta, hanno dimostrato che produrre energia elettrica dagli alberi è cosa fattibile: basta mettere un elettrodo su una pianta e un altro nel terreno per ottenere una differenza di potenziale di 200 mV, scarica sufficiente ad accendere un piccolo circuito elettrico. Lo scopo sarebbe quello di sostituire i pannelli solari fotovoltaici (artificiali) con gli alberi (che sarebbero pannelli fotovoltaici naturali) ma, vista la bassa differenza di potenziale che si ottiene, la cosa è, per ora, poco conveniente. Infatti, un sistema simile, potrebbe essere utile a tenere attivo un piccolo impianto antincendio che potrebbe attivarsi automaticamente in caso di incendio. “Per quel che ne sappiamo – spiega il professor Babak Parviz, docente di ingegneria elettrica presso l’Università di Washington – è la prima volta che si riesce a produrre energia esclusivamente mettendo degli elettrodi negli alberi”.

Un progetto simile si sta portando avanti anche in Italia, precisamente dal dipartimento di Ortoflorofrutticoltura di Firenze, che studia l’elettrofisiologia radicale già da alcuni anni.”Si tratta di una scoperta interessante – spiega il professor Francesco Ferrini, direttore del dipartimento e presidente della Società Italiana di Arboricoltura – generata in realtà da un meccanismo molto semplice. E’ dalla fine degli anni ’60 che si ipotizza di ricavare energia dagli alberi, il libro The secret life of plants di Peter Tompkins e Christopher Bird ha segnato l’inizio di un nuovo modo di concepire il rapporto tra pianta e uomo. Ma purtroppo degli alberi e delle loro infinite risorse si sa ancora pochissimo”.

Le difficoltà che si hanno nella sperimentazione di simili progetti sono relativi alla durata media di vita degli esseri umani nei confronti degli alberi. Infatti, un albero può vivere anche 1.000 anni ed ha tempi di reazione molto lenti. Questo problema, i ricercatori americani, sono riusciti a superarlo facendo esperimenti sulla parte che pù velocemente si deteriora in un albero: le foglie. il professor Carlton Himes, altro membro del team che ha realizzato la scoperta, ha trascorso un’intera estate studiando le foglie d’acero, molto comuni in America, e il processo di fotosintesi clorofilliana. Il meccanismo di trasformazione della linfa grezza in linfa elaborata genera una quantità di energia che è possibile intercettare e incanalare, ed è proprio questo che i ricercatori hanno fatto, costruendo un convertitore ad hoc. Gli studiosi hanno anche inserito nel dispositivo un orologio capace di alimentarsi con l’energia prodotta dall’albero e di riattivare il circuito a scadenze prestabilite, in modo da creare un meccanismo che si autoalimenta e non si spegne mai. Proprio come il circuito vitale degli alberi. L’apparecchio nel corso dell’esperimento ha consumato circa 10 nanowatt.

“Quello che abbiamo realizzato – conclude Parviz – è molto diverso dai normali generatori di energia vegetali, ad esempio quelli ottenuti dalla patata. Abbiamo sfruttato non una reazione chimica tra sostanze diverse ma l’energia stessa dell’albero”. Una tecnologia tutta naturale che non potrà, per il momento, sostituire le centrali eoliche o quelle a energia solare, ma riuscirà magari a creare un rapporto diverso tra alberi e uomo.

"Navi a perdere" sui fondali della Calabria. A Cetraro trovato un relitto con a bordo rifiuti tossici radioattivi.

Era da alcuni giorni che sentivo parlare di una fantomatica nave sui fondali cosentini di Cetraro e stamattina, sul Messaggero, ho letto che la nave è stata trovata. Purtroppo, il sospetto degli inquirenti è che la nave sia una “nave a perdere” affondata dalla ‘ndrangheta con a bordo rifiuti tossici o, addirittura, radioattivi. Il procuratore della Repubblica, Bruno Giornano, sembra non evere dubbi e già sta facendo in modo di analizzare i resti del relitto per capirne di pù.

Il sospetto non nasce solo dall’intuito del procuratore ma dalle recenti dichiarazioni di un pentito, Francesco Fonti, che ha raccontato ai magistrati di aver personalmente affondato una nave, il Crisky, con a bordo numerosi fusti tossici e radioattivi. Proprio sulla base di tali dichiarazioni, Giorndano, in collaborazione con l’Arpacal e con l’utilizzo di uno speciale robot in grado di fare riprese subacquee, ha rintracciato e fotografato il relitto che presenterebbe uno squarcio su di un fianco dal quale si intravedono i fusti tossici ma del quale non è possibile leggere il nome.

«Finora – ha detto Giordano – si sono solo fatte supposizioni, ipotesi, ma ora abbiamo la conferma della presenza del mercantile. È un forte aggancio da cui partire».

Un anno fa l'annuncio: dal MIT di Boston arriva un catalizzatore che permette l'uso economico ed efficiente dell'energia fotovoltaica.

Se vi dicessi che sfruttare l’energia solare di giorno e di notte è possibile, cosa pensereste di me? Forse che sto delirando? In effetti il dubbio mi viene ma, se torniamo indietro di un anno ed ascoltiamo il resoconto dell’invenzione di Daniel Nocera del MIT di Boston, allora cominciamo a credere che la cosa sia fattibile: soprattutto perché economica.

Nocera, insieme ad un suo collaboratore Matteo Kanan, non fa altro che applicare quello che in natura avviene ogni giorno: la fotosintesi. In pratica, grazie ad un piccolo reattore, riesce a scindere l’acqua in idrogeno ed ossigeno, rendendo semplice ed economico immagazzinare l’energia per poi utilizzarla quando meglio ci aggrada. A monte della scoperta ci sono almeno dieci anni di ricerca in quella che viene definita dallo stesso Nocera: “fotosintesi artificiale”, che vuole imitare il processo naturale che permette alla vegetazione di immagazzinare l’energia in legami chimici. In pratica, l’apparecchiatura messa a punto permette l’immagazzinamento dell’energia nell’idrogeno scisso dall’acqua, in modo semplice ed economico. Se a questa appareccchiatura, si affiancano gli sforzi di aziende (come la First Solar) che stanno costruendo pannelli solari senza silicio a costi dimezzati, si può davvero immaginare un futuro roseo per l’energia solare in generale.

Ovviamente, oltre all’utilizzo combinato con l’energia fotovoltaica, il catalizzatore messo a punto da Nocera e Kanan è un ottimo strumento per la produzione di idrogeno come carburante nelle auto di nuova generazone.

Il funzionamento dell’impianto è molto semplice e vive di due fasi: giorno e notte. Di giorno, dai pannelli solari si produce l’energia necessaria ad alimentare la nostra abitazione, l’energia prodotta in eccesso, invece, serve a scindere gli atomi di idrogeno ed ossigeno dall’acqua immagazzinati in apposite celle; di notte, si ha la ricomposizione della molecola di acqua con susseguente produzione di energia che potrà essere sfruttata per le nostre esigenze notturne. È ovvio che la fonte energetica primaria non deve essere per forza il solare, infatti anche l’energia figlia dell’eolico o di qualsiasi altra fonte andrebbe bene.

L’apparecchiatura è composta da un nuovo catalizzatore che utilizza un elettrodo di Cobalto e Fosforo immerso in acqua e permette la produzione di ossigeno, un secondo catalizzatore permette la produzione di idrogeno. L’impianto di Nocera, a differenza dei suoi simili, è molto semplice da realizzare ed estremamente economico. Infatti, come dice lo stesso Nocera, “il problema non è saper scindere l’acqua (cosa che sappiamo già fare), ma cercare un metodo che sia economico e semplice da installare in un’abitazione. Se ciò è possibile e se associato al fotovoltaico di nuova concezione, si può massimizzare la quantità di energia ricavabile rendendo, di fatto, molto conveniente ed utile l’uso del solare come energia di massa.

Mezzo miliardo di persone vive alle pendici di vulcani attivi, la Campania è la regione europea più esposta al rischio vulcanico.

Fino a qualche anno fa, da casa mia riuscivo a vedere distintamente uno tra i vulcani pù affascinanti della terra: il Vesuvio. Con in tempo, haimé, visto il proliferare delle costruzioni che ci sono state nella zona tra Villaricca e Giugliano in Campania, un bel po’ di edifici mi impediscono di osservare questo nostro gigante buono. Ma quanta gente si trova proprio intorno al nostro amato vulcano? E in che rapporto siamo rispetto alle altre comunità che vivono alle pendici di questi mostri della natura? La risposta l’ho trovata sul sito Ricarca Italiana, portale della ricerca gestito e promosso dal Ministero dell’Università e della Ricerca.

La popolazione mondiale che vive alle pendici di vulcani attivi si aggira intorno al mezzo miliardo di persone, non male direi. Molti di questi si trovano proprio in Europa, ad esempio alle pendici del vulcano Soufriere in Francia oppure del vulcano Teide in Spagna o le 75.000 persone che vivono ai piedi del vulcano Sete Citades nelle isole Azzorre. Ma qual è la situazione italiana? Ci sono gli esempi dell’Etna, dove le numerose ed affascinanti eruzioni attirano molti turisti, e del vulcano Stromboli. Ma pochi di voi sapranno (io non lo sapevo, ma lo si poteva immaginare) che la regione europea pù esposta al pericolo derivato da una eruzione è quella del vesuviano, sia per l’elevata densità abitativi che si ha sia per l’elevata pericolosità del Vesuvio.

Per noi che lo vediamo tutti i giorni, per la gente che vede il Vesuvio come emblema della città e parte integrante del comune vivere partenopeo, immaginarlo come un pericolo o come un nemico è davvero difficile. Basati solo ricordare, però, che nel 79 d.C., una sua eruzione è stata capace di radere al suolo città come Pompei, Ercolano e Stabia, oggi densamente abitate. Non utlime le eruzioni del 1631, con le sue 4.000 vittime e quella del 1944 che ha, di fatto, tappato il suo cratere ma non ha certo annullato la sua attività. In pratica, oggi, il Vesuvio fa finta di essere morto, dorme di un sonno profondo ma non eterno.

Valutare scientificamente il rischio vulcanico in zone densamente popolate è sicuramente un impegno importante per i ricercatori, ma anche per le regioni e le nazioni interessate. Poter calcolare il rischio per la popolazione, prevedere in tempo le eruzioni, saper fronteggiare eventuali emergenze, è divenuta una priorità per tutelare la sicurezza dei cittadini e dell’ambiente circostante.

A questo fine, nove partner Europei, che includono Istituti di Ricerca, Università, Osservatori Vulcanologici e Imprese di cinque Paesi (Italia, Gran Bretagna, Spagna, Francia e Portogallo), hanno dato vita al Consorzio EXPLORIS, un progetto triennale finanziato dall’Unione Europea, che combina competenze di diverse discipline. Esperti di Geologia, Fisica, Matematica, Informatica, Ingegneria, Architettura, Medicina e Analisi del Rischio si sono riuniti in questo progetto, che rappresenta un’opportunità unica per accrescere le capacità Europee di valutazione del rischio vulcanico.
Per il Vesuvio – su cui è stata prodotta anche un’interessante simulazione tridimensionale dell’eruzione – gli studi di EXPLORIS porteranno, una volta conclusi, un progresso nello sviluppo di strumenti e metodologie per pianificare le emergenze e ridurre i rischi di catastrofi, agevolando così l’importante lavoro del Governo e della Protezione Civile Nazionale e Regionale. Ma a beneficiare di questi nuovi metodi e strumenti saranno anche gli altri Paesi del mondo in cui ci sono vulcani attivi. EXPLORIS mira quindi a rappresentare una piattaforma internazionale e multidisciplinare in grado di garantire supporto e consulenza alle decisioni che le autorità preposte devono prendere per una efficace pianificazione territoriale e gestione dell’emergenza.

Noi ci auguriamo che il progetto di ricerca possa davvero essere utile ai tanti cittadini che condividono le notti con il nostro gigante buono. Peccato, però, non averci pensato prima.